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QUANDO PRENDERSI CURA DI SE’ E’ LO STRUMENTO PIU’ POTENTE CHE PERMETTE ANCHE DI OCCUPARSI DI UN MALA

Immagine del redattore: dott. Pietro Caputodott. Pietro Caputo

Una delle richieste più frequenti che molti familiari mi rivolgono è di comprendere come riuscire a gestire il loro caro malato di demenza. In particolare, mi chiedono di conoscere le strategie, di acquisire gli strumenti e le competenze.

Richieste sacrosante, che comprendo pienamente, perché anch’io ho vissuto per molti versi le loro stesse difficoltà.


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In particolare, quando ho iniziato a lavorare con i malati di demenza, sono stato assegnato in un reparto di cui non sapevo praticamente nulla, il Reparto Speciale Demenza. Un luogo dove c’erano 15 persone affette da diverse tipologie di demenza con severi disturbi comportamentali, non gestibili assolutamente a casa.

E ho capito quasi immediatamente perché “speciale”.

Alcuni bestemmiavano, altri gridavano, altri ancora picchiavano. Chi correva, chi cerca vie di fuga… un delirio.


Io volevo solo scappare…


Ho passato dei mesi da paura. Ritornavo a casa pieno di ansie e già l’idea di dover ritornare in reparto mi faceva tremare.


Quale soluzione avevo pensato per superare questa situazione a dir poco tragica? Avere più informazioni possibili sulla demenza e sulle strategie per gestire i malati.

E allora, ho macinato libri su libri e girato tutta Italia per fare corsi di Formazione per acquisire più competenze possibili. Devo essere sincero? Avevo acquisito più sicurezza in me e avevo più fiducia nelle mie capacità, ma sentivo in profondità che la strada non era quella giusta. Avevo avuto dei cambiamenti, ma solo superficiali. Non bastavano. Quando tornavo in reparto le ansie e le paure riprendevano di novo il sopravvento e mi sentivo avvilito e incapace. In più, ne risentivano altri aspetti della mia vita: un disastro!


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Quando le cose sono veramente cambiate?


Stremato dal lavoro e dalle emozioni negative che questo mi suscitava, ho incominciato a vedere le cose da un altro punto di vista. Ho spostato il focus, intraprendendo un lavoro personale di introspezione. Mi sono guardato all’interno e iniziato ad entrare in contatto con le mie paure e le mie ansie.

Quante fragilità, quanta insicurezza, quante paure!

Questa volta ero deciso però di stare con loro, di ascoltarle. Dopo un bel po’ di tempo, mi sono sentito più sereno e integro: era come se un senso di tranquillità mi avesse abbracciato.

Questa tranquillità l’ho portata insieme a me in reparto. Come per “magia”, le cose sono cambiate! Quelle persone malate di demenza mi sono apparse diverse, i loro disturbi avevano assunto per me un nuovo significato, io mi sentivo diverso. Non avevo più quell’ansia di prima che mi divorava e la gestione degli ammalati la sentivo più naturale (non semplice, perché tante difficoltà ci sono sempre!).


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Avevo finalmente compreso che occuparsi di un malato di demenza necessita prima di tutto di prendersi cura di stessi, delle proprie fragilità e delle paure profonde. Come per l’ammalato, è un viaggio nella propria interiorità, fatto di sfide e ostacoli.


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Quando i familiari mi chiedono come devono fare per gestire un malato di demenza, ho imparato a chiedere loro se sono pronti a fare un viaggio con un’unica destinazione: la propria autenticità.


Alcuni mi mandano a quel paese, altri invece hanno preso la valigia (che piano piano imparano a svuotare) e hanno scelto di compiere questo percorso, scoprendo se stessi e ponendosi al timone della propria vita.

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