Quando mi sento in ansia o sento la rabbia, mi capita spesso di ricordare un passo di un libro che ho letto una decina di anni fa, di cui sfortunatamente non ricordo il titolo.
In particolare, parlava della rabbia, ma poi ho compreso che il discorso può essere esteso a tutte le emozioni.
Sottolineava l’importanza di dire a se stessi, nel momento in cui ci si arrabbiava, che “ci si sente arrabbiati” e non “si è arrabbiati”. In quel momento, ho sentito una specie di click nella testa e ci ho riflettuto su un bel po’.
La differenza in effetti è abissale: in un caso si sta riconoscendo la rabbia come un’emozione (sento la rabbia, l’ansia o qualcos’altro); nell’altro caso, invece, ci si identifica con l’emozione (io sono arrabbiato).
Noi non siamo un’emozione. Le emozioni sono transitorie, passano. Possono durare del tempo (dipende da noi), ma noi siamo più di una semplice emozione passeggera. Se ci identifichiamo con l’ansia parleremo di noi come “persone ansiose”, che equivale a dire “io sono così, non posso cambiare”.
Riconoscere questa semplice sottigliezza ci permette invece di:
1. Entrare in contatto con l’emozione;
2. Prendere una certa distanza da essa e guardarla da più prospettive;
3. Poterla gestire.
A proposito della sua gestione, quale può essere il primo passo per poter gestire un’emozione?
Dare a noi stessi la possibilità di sentirla e di riconoscerla, soprattutto a livello del corpo, avendo cura di stare un po’ con lei, che significa:
evitare di negarla, soffocarla, o quant’altro, perché facendo questo peggioreremo solo la situazione: Le soluzioni cioè diventano esse stesse problemi.
iniziare ad affrontare l’emozione un passettino per volta;
nella pratica, ad esempio, mettersi in un posticino tranquillo, da soli, dove nessuno può disturbarci e iniziare ad entrare in contatto con quest’emozione attraverso la respirazione consapevole.
Se riusciremo a superare i primi inevitabili ostacoli, scopriremo con la pratica non solo che ogni emozione può essere gestita, ma anche a trarne il meglio da ognuna di essa, cioè a comprendere il messaggio collegato ai nostri più profondi bisogni e paure, che sono lì per essere ascoltati e accuditi.
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