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PERCHE’ RITAGLIARSI UNO SPAZIO PER SE STESSI E’ UN ATTO D’AMORE ANCHE PER GLI ALTRI

Immagine del redattore: dott. Pietro Caputodott. Pietro Caputo


Lavorando in campi molto complessi e stressanti, ho sempre cercato di dedicare del tempo a me stesso: approfitto di ogni occasione, perché Sento nel profondo quanto questa scelta sia importante per la mia mente e il io mio spirito.


Malgrado ciò, in alcuni periodi, mi è capitato di non riuscirci: lavoravo tanto, tornavo a casa, qualche minuto per mangiare e giù a dormire. Dicevo a me stesso di non avere tempo, che ci avrei pensato in un altro momento, di essere stanco.


Risultato: alcuni giorni sembravo un automa; altre volte, una persona molto instabile. Non era sicuramente bello starmi accanto e questo la mia compagna me lo ripeteva spesso (che pazienza ha avuto!)


. . . . .


Occuparsi di un malato di demenza è un’attività che non facilita certamente il ritagliarsi del tempo per sé: Ci sono problemi di ogni tipo, che non aiutano certamente i familiari. E nel corso del tempo hanno condiviso con me tante perplessità:


<<Sono solo/a ad occuparmi di lui/lei, non si stacca mai da me>>


<<Lui/lei vuole solo me. Ci ho provato ma le cose non sono andate bene. Mi devo rassegnare>>


<<Sono tante le cose da fare. Non posso pensare a me>>


<<Non è ora il momento di pensare a me. Lui/lei ne ha più bisogno>>


Solo per fare pochi esempi…


Risultato: alla fine, la maggior parte di questi familiari (devo essere sincero, il 99,9%) arriva a toccare il fondo. Si sentono esausti, avviliti, logorati. Cadano in una buca da cui non riescono più a venirne fuori.


Di fatti, pensare esclusivamente ai bisogni dell’ammalato, negando o rimuovendo i nostri, è una tentata soluzione che non risolve il problema, ma lo alimenta. Più forte sarà l’ostinazione, maggiore sarà la sofferenza.


Come uscire da questo circolo vizioso?

Facendo una scelta.


Scegliere tra:


1. Fare le stesse cose, avendo gli stessi risultati disastrosi, giustificando tutto in ogni possibile modo;


2. decidere consapevolmente di mettersi in gioco e provare a cambiare qualcosina, iniziando ad esempio a ritagliarsi un piccolo spazio per sé.


Che cosa significa però uno spazio per sé? (Questa è una domanda che giustamente spesso mi rivolgono i familiari).


Significa prendersi cura dei propri bisogni e delle proprie sofferenze. Significa avere un luogo dove nessun altro ha accesso se non la nostra anima. Significa entrare in ascolto profondo di se stessi.


Il risultato di ciò è che a beneficiarne non saremo solo noi, ma soprattutto l’ammalato e chi eventualmente ci è a fianco. Perché, riusciremo a donare loro non la parte peggiore, stanca e logorata, ma quella migliore.

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