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COSA PUOI FARE SE TI SENTI IMPOTENTE DI FRONTE ALLA MALATTIA DEL TUO CARO MALATO DI DEMENZA

Immagine del redattore: dott. Pietro Caputodott. Pietro Caputo

Capita di sentirsi arrabbiati quando ci si accorge che il malato peggiora nonostante le nostre cure e la nostra attenzione quotidiana. Si fa tutto il possibile, ma la realtà è dura: sembra come se si andasse contro i mulini a vento.

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<<Che rabbia, dottore. Conosco la malattia, so tutto! Però, quando mi accorgo che mio padre non è quello di ieri, che ha perso qualcosa, che peggiora di giorno in giorno, mi arrabbio, ci rimango male. Faccio tanti sforzi tutti i santi i giorni, ma nonostante questo è tutto inutile. Lui peggiora comunque>>.

Questo è uno dei pensieri che il Sig. M. ha condiviso con me alcuni mesi fa durante una sessione del suo percorso “MIAMO&MIPRENDOCURADITE”, un viaggio dedicato esclusivamente a chi si prende cura di un malato di demenza.

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È successo tante volte anche a me. Pianificavo le sessioni di stimolazione cognitiva con cura maniacale e per settimane intere, ma mi accorgevo che nonostante tutti questi interventi alcuni malati peggioravano a prescindere. Mi chiedevo spesso che senso avesse il mio lavoro. Il risultato era un forte senso di impotenza: mi sentivo inutile e mi arrabbiavo con me stesso.

Sono riuscito a superare questa mia grande difficoltà, solo mettendo il mio cuore in pace rispetto all’inesorabile avanzamento della malattia: il peggioramento sarebbe arrivato a prescindere da me. Non è stato facile accettarlo, ma questo ha fatto la differenza, perché mi ha permesso di spostare la mia attenzione su ciò che invece potevo fare, su ciò che dipendeva direttamente da me. Ho continuato a svolgere le sessioni di stimolazione cognitiva, ma non per combattere contro la malattia, ma per creare un gruppo di persone che si divertissero insieme, per “stare insieme e ridere”. E il cambiamento è stato radicale.

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Anche M. è riuscito a superare la sua rabbia e quel senso di impotenza. Attraverso il percorso e con gli strumenti giusti, anche lui ha accolto e si preso cura del suo dolore, che lo teneva prigioniero in una lotta “senza senso” con la malattia, e anche lui ha scelto consapevolmente su cosa concentrare le energie quando è con il suo papà. Ha fatto esperienza cioè di come può essere liberatorio “arrendersi”.

Perché quando si è di fronte ad una malattia come la demenza, la soluzione al dolore non è combattere, ma dichiarare la propria resa, per far posto a qualcosa che va oltre la malattia e che può far gioire l’ammalato e chi si prende cura di lui.

 
 
 

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